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Il futuro è già qui ma non ce n’eravamo accorti: Cambridge Analytica e il furto dei nostri dati personali

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Oggi il mondo in cui viviamo è sempre più connesso e la tecnologia ci aiuta a vivere meglio e a rendere la nostra vita più organizzata. Riusciamo a comunicare in pochi attimi con persone che si trovano a centinaia di kilometri di distanza da noi e a fare acquisti con un semplice click del nostro mouse. Tutto questo però ha un costo; la moneta con cui paghiamo il nostro ingresso al web sono i nostri dati personali. Per cui possiamo dire che tutto quello che mangiamo, le vacanze che prenotiamo, i contenuti che commentiamo e condividiamo generano un disegno preciso della nostra persona: tutto questo è il nuovo filone d’oro del nuovo millennio.

Tutti saranno venuti a conoscenza della vicenda del furto dei dati personali che ha coinvolto la società di Mark Zuckemberg e quella di Cambridge Analytica.

Per coloro che invece non hanno idea di cosa sia accaduto realmente ecco un piccolo riassunto della storia:
la società britannica Cambridge Analytica, unendo le forze con un professore della Cambridge University, Aleksandr Kogan, ha “raccolto” i dati di circa 50 milioni di persone; dati che sono stati successivamente utilizzati per creare campagne advertising mirate per il referendum pro-Brexit e per la vittoriosa campagna elettorale di Donald Trump.
Come è stato possibile tutto questo? Semplice, grazie a uno strumento molto banale: il social login.
Avete presente quando, per abbreviare le procedure di autentificazione a un servizio o a un sito web, ci viene proposta la possibilità di loggarsi attraverso i propri account social? Ecco, queste piccole scorciatoie che ci permettono di risparmiare tempo, in un mondo sempre più veloce e frenetico, ci chiedono in cambio non solo tutti i nostri dati personali ma anche quelli dei nostri contatti.

In realtà però quello che la società britannica ha fatto non è niente di eccezionale sul piano tecnico: ha semplicemente sfruttato le debolezze di un impianto tecnologico e di regole non ancora chiare. In poche parole le loro azioni non sono illegali perché non esistono ancora leggi precise che possano determinare, in questo campo, la differenza tra legalità e illegalità. Volendo tracciare una linea netta di demarcazione per stabilire di chi siano realmente le colpe sulla vicenda del furto dei dati personali, non possiamo anche questa volta escludere noi stessi. Tutto questo ci ha fatto comprendere che la propaganda funziona, se funziona, nella misura in cui c’è un pubblico ricettivo rispetto al messaggio veicolato. In pratica è indispensabile oggi avere una corretta conoscenza delle  funzionalità del mondo digital per non continuare a confondere il progresso con l’evoluzione.

Cambridge Analytica

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